ALDIQUALDILà
DA UN’IDEA DI Dario Menee e Ettore Nigro
AUTORE Giovanni Del Prete
CON Anna Bocchino, Gaetano Franzese, Ettore Nigro e Antonio Vitale
SCENE | DIPINTI Ciro Palumbo
REALIZZAZIONE SCENE Filippo Stasi
ASSISTENTE SCENOGRAFO Francesco Bellella
COSTUMI Anna Zuccarini
MUSICHE ORIGINALI Tommy Grieco
MASCHERE Renzo Sindoca, Alberto Ferrara
SUPERVISIONE COMMEDIA DELL’ARTE Arduino Speranza
REGIA Giovanni Del Prete
Aldiqualdilà, tre maschere dell’aldiqua nell’aldilà dantesco
progetto #quartierefonderie
SINOSSI
«La morte può anche non essere tragica, ma ogni sopravvivenza è involontariamente comica.»
Tiepolo, nel suo dialogo immaginario con Pulcinella
Tre maschere, tre persone, Arlecchino, Capitano e Pulcinella, intraprendono il viaggio nell’aldilà alla ricerca di un santo in paradiso, che gli dia un posto nell’aldiqua. Si ritroveranno a seguire le orme di Dante Alighieri, attraverseranno l’inferno e il purgatorio, giungendo infine in un paradiso vuoto, al cospetto della luce di Dio.
NOTE DI REGIA
Lo spettacolo Aldiqualdilà accosta il linguaggio della Commedia dell’Arte, convenzionale e teatrale, a quello della Divina Commedia, lingua-musica esoterica e di trasformazione. Le maschere di Pulcinella Arlecchino e Capitano, sono intese qui come persone possedute, e non attori consapevoli; traducono tutto in qualcosa di concreto e tangibile, secondo la loro psiché. La loro ricerca di un posto equivale senza dubbio ad una collocazione lavorativa, ma anche personale e misterica; i nostri buffi eroi risultano anacronistici, decontestualizzati, fuori posto, e immaginano che solo un “santo in paradiso” potrà, con un miracolo/raccomandazione, collocarli nuovamente. I tre si muovono nelle stesse atmosfere del viaggio dantesco, archetipo facilmente riconoscibile, e immediatamente teatralizzabile. L’inferno, il purgatorio e il paradiso che visitano sono dei mondi mentali in cui si perdono e si ritrovano ogni volta girando su se stessi. Il viaggio terminerà in una catarsi finale sospesa: cercano un posto e trovano qualcosa di più profondo. Il discorso sull’uomo si compie, come si compie anche il discorso sul piano attoriale, guidati dalla donna, l’Attrice l’unica che vive in modo sano l’identità attoriale. L’attrice diventa il principio germinativo di vita e di morte, riesce con serenità ad entrare e ad uscire senza aver paura di rinascere/morire o perdere il ruolo e il posto. La donna, in questo modo diventa l’Arte stessa, l’unica che riconosce e indica la vera strada, quella senza veli e senza maschere.
Il progetto Aldiqualdilà nasce dalla commistione tra la Divina Commedia di Dante Alighieri e la Commedia dell’arte, e dall’intuizione, e intenzione genuina, di affrontare l’opera dantesca utilizzando le maschere di Arlecchino, Pulcinella e Capitano. Due stili antitetici che hanno in comune la commedia, bisogna infatti ricordare che l’aggettivo divina – attribuito all’opera di Dante per il contenuto religioso e il livello della poesia – fu utilizzato solo in un secondo momento (fu Boccaccio a usarlo per primo nel commento ai primi diciassette canti dell’Inferno). Se l’opera di Dante è dottrinale e didattica, la commedia dell’arte è invece profana e le maschere non credono in Dio, tra l’altro le maschere, immortali e zoomorfiche (arlecchino – gatto, pulcinella – gallina/pulcino, capitano – gallo) fungono proprio da tramite tra l’aldiqua e l’aldilà. L’intenzione è quella di celebrare il Sommo Poeta, nel settecentesimo anniversario dantesco, attingendo però al codice giocoso, brillante e divertente della Commedia dell’Arte. Dunque, se la Divina Commedia è il viaggio nell’aldilà, la Commedia dell’arte si muove nell’al diqua; il tentativo del progetto, quindi, è quello di sconfinare e far sì che un regno incontri l’altro regno e i rispettivi abitanti, rispondendo a un’ipotetica domanda che sta alla base del progetto: “Cosa succede se Arlecchino, Pulcinella e Capitano lasciano l’aldiqua terreno dove, nonostante la frustrazione, si muovono a loro agio, e si incamminano verso un’utopico paradiso dovendo però passare prima per l’Inferno e il Purgatorio? E ripercorrendo, pur inconsapevolmente, l’altissimo viaggio simbolico del Sommo Poeta?”.